I top manager dovranno essere «ibridi» e attenti ai valori aziendali

- di Gianni Rusconi | 27 Novembre

Immagine per la news I top manager dovranno essere «ibridi» e attenti ai valori aziendali

È sicuramente un percorso avviato, quello della trasformazione del settore manifatturiero italiano, in linea con quanto sta avvenendo a livello globale. E lo dimostra il fatto che i progetti di Industria 4.0 nel nostro Paese siano già cresciuti quest’anno del 30% rispetto al 2017, stando almeno a quanto dicono le rilevazioni di EY. L’opportunità di un salto in avanti importante, non solo di matrice tecnologica, è reale ma tutti gli esperti convergono sul fatto che in questo cambio di passo necessario giochino un ruolo decisivo alcune peculiarità di cultura organizzativa e imprenditoriale. A ribadire questo concetto c'è sicuramente Exs, la società di executive search di Gi Group, che indentifica per i top manager del manufacturing alcune linea guida per favorire il processo di trasformazione.

Il primo livello di intervento riguarda lo spostamento del focus dal prodotto al cliente (sia che questo sia di tipo consumer o di natura business) e ai mercati. In altre parole si dovranno ascoltare di più i clienti attraverso l'analisi e l’interpretazione dei Big Data, studiando i competitor ed espandendo le opzioni di produzione. Nel viaggio verso il paradigma dell’impresa 4.0, le competenze in materia digitale dei manager, come osserva Pasquale Natella, Amministratore Delegato di Exs, «sono rilevanti, ma con un distinguo: assodato l’allineamento del sistema valoriale personale con la cultura aziendale, per gli executive gli elementi soft sono determinanti nella misura dell’85% ed in particolare lo sono la contextual awareness per leggere ed intercettare anche i segnali deboli del cambiamento in atto, la visione e la capacità di darvi forma come business concept, il problem solving e la capacità di eliminare i bias decisionali, la learning agility».

Diversa, invece, la situazione per i middle manager, per cui il mindset digitale e le competenze tecnologiche “spinte” pesano, secondo Exs, solo al 50%. «La differenza - precisa Natella - non sta nel ruolo, ma nella persona e nell’autonomia organizzativa e decisionale, fermo restando che un esperto di trasformazione come il Chief Innovation Officer o il Digital Transformation Officer può contribuire scegliendo il modello/approccio migliore per far virare la nave aziendale nella giusta direzione».
Creare fiducia proprio grazie all’ascolto e all’interesse diretto a persone e contesti, a bisogni e tendenze, non a caso, è il secondo livello di azione suggerito ai vertici dell’organizzazione, chiamati nello specifico a fare più domande (e quindi dare meno risposte) a dedicare più tempo alle relazioni trasversali e a cercare di collegare meglio le attività di ciascun addetto agli obiettivi aziendali, creando un forte senso di appartenenza. In estrema sintesi Exs consiglia di focalizzarsi sul fattore «Why». Un top manager, precisa ancora Natella, «non deve controllare, ma supportare e supervisionare i risultati fino alla standardizzazione del nuovo prodotto/servizio e dei relativi processi, affidandosi se necessario a un outsourcer tecnologico che fa scouting e propotipazione oppure dando vita a una struttura di innovazione indipendente che governa il processo lavorando con le aree sales, marketing e operation per avviare nuove iniziative fino a renderle profittevoli».

Agire in veste di investor nella ricerca di idee creative e approcci anche audaci è il terzo compito da assolvere per i manager dell’industria 4.0: secondo un rischio sostenibile, così dicono gli esperti, occorre sostenere internamente progetti innovativi (guidandone lo startup fino all’eventuale integrazione con il business model attuale), automatizzare e ridurre il delivery time, decentralizzare le decisioni con autonomia di budget e tollerare i possibili errori (anche i propri) quando si sperimenta, utilizzandoli come spunti di miglioramento.

«In un tessuto manifatturiero come quello italiano caratterizzato da una forte tradizione imprenditoriale - ha osservato infine Natella - è cruciale un approccio basato sulla coerenza della cultura e dei valori aziendali con la strategia individuata per implementare con efficacia un piano di trasformazione 4.0. Occore dunque valutare un periodo di transizione che favorisca un cambiamento graduale, nel rispetto del ruolo e della personalità dell’imprenditore, e serve che il leader sia orientato al nuovo ma con un atteggiamento ibrido e in bilanciamento con la tradizione aziendale e che sappia proporre obiettivi intermedi e risultati misurabili, favorendo processi di collaborazione interfunzionali fino allo sviluppo di partnership con soggetti quali università, centri di ricerca o startup».

© Riproduzione riservata

Utilizziamo i cookie per migliorare la tua esperienza sul nostro sito. Navigandolo accetti termini e condizioni della nostra Privacy policy.